Tra le tante realtà di calcio a 7 della nostra provincia ce n’è una forse meno conosciuta, indubbiamente diversa dalle altre, i cui organizzatori si pongono come obiettivo primario l’inclusione e il reinserimento sociale: stiamo parlando del campionato all’interno delle mura della casa di reclusione di Verziano. Il torneo, facente parte del “Progetto Carcere”, è organizzato ogni anno da UISP Brescia: un disegno sociale, prima che sportivo, che vuole coinvolgere i detenuti consentendo loro di mantenere un contatto con quella realtà esterna in cui tornaranno a vivere una volta scontata la pena.
“È un’iniziativa che viene fatta da più di trent’anni – spiega Paola Vasta, presidente UISP Brescia -. È un torneo di calcio a 7 con iscritte due squadre interne di detenuti, più altre esterne del circuito UISP che ogni anno decidono di dedicare un giorno alla settimana a giocare all’interno del carcere”.
Il campionato si disputerà ogni sabato pomeriggio da febbraio a giugno e l’associazione è alla ricerca di squadre maschili che vogliano fare parte del progetto. La classica partitella per pura ricreazione? Neanche per sogno: i detenuti hanno un allenatore con cui si allenano costantemente e quindi sarà una competizione a tutti gli effetti.
“È una bella esperienza, particolare, non è facile entrare in un istituto penitenziario e avere la mentalità di fare una cosa del genere – continua la presidentessa -. L’idea è quella di utilizzare lo sport come metodo rieducativo, un processo di riabilitazione attraverso un sistema di regole, la socializzazione, l’amicizia e l’integrazione. Abbiamo storie di ex carcerati che ora sono diventati parte attiva dei soggetti operanti in UISP. Qualcuno, per esempio, ha fatto il corso di arbitro con noi durante il periodo di detenzione e oggi dirige le nostre partite”.
Un’iniziativa all’interno di un contesto che vede UISP impegnata in tante attività per gli istituti di pena: pallavolo con le scuole, feste e ricorrenze, danze popolari e corsi di scacchi. Ad oggi l’associazione vanta una sede nazionale a Roma, 19 regionali e 116 territoriali sparsi per l’Italia.
“Il nostro è volontariato, a livello umano ci dà un riscontro: abbiamo la possibilità di portare non solo momenti di gioia, ma un arricchimento personale e culturale – conclude Vasta –. Quando parlo con la gente, mi chiedono come faccia a fare attività con “quei disgraziati”, ma io rispondo che basta un niente per fare la stessa fine: investire un pedone, firmare qualcosa di sbagliato, un post sui social mal interpretato. Eventi come il nostro servono anche a fare aprire la mente all’opinione pubblica, ma almeno in quell’ora settimanale di attività sportiva i detenuti vogliono essere considerati solo come giocatori e non per quello che han fatto”.