Ha fatto discutere quanto accaduto nei sedicesimi di finale di Coppa Leonessa tra FC Rigugio e Oratorio Trenzano: sul campo hanno vinto per 2-1 i primi, ma il giudice sportivo ha ribaltato il verdetto a favore dei secondi a causa di un’irregolarità (come spiegato in settimana nel comunicato del CSI Brescia).
<<Accertato d’ufficio, su segnalazione di parte, che la società Fc Rigugio ha violato quanto previsto dall’articolo “Tesseramento” delle Norme Generali di Coppa 2024-25 del C.S.I. Brescia consentendo al giocatore sig. PAGNONI FABIO di prendere parte alla gara in posizione irregolare in quanto lo stesso non aveva preso parte ad alcuna gara della fase a gironi della Coppa Leonessa, si delibera di assegnare la perdita della gara alla società FC RIGUGIO con il risultato tecnico convenzionale sulla base di quanto disposto dal Regolamento di Giustizia>>.
La replica dei diretti interessati, delusi soprattutto per la segnalazione pervenuta dalla squadra avversaria, non s’è fatta attendere.
<<Squalificati dal futuro: quando il calcio a 7 diventa un meccanismo burocratico – si legge nel comunicato ufficiale dei Rigugio -: nel cuore pulsante di una stagione vissuta con passione, sudore e fratellanza sportiva, la nostra squadra viene esclusa dalla Coppa Leonessa a causa di una postilla regolamentare, tanto marginale quanto irrilevante. Una virgola, un inciso, un dettaglio secondario che nulla ha a che vedere con la verità del campo, con la lealtà agonistica, con il pallone che rotola sotto il cielo. Abbiamo giocato. Abbiamo vinto. Eppure, tutto questo è stato cancellato non da un fischio arbitrale, ma da una delazione. Una spia. Un delatore del futuro. Qualcuno ha scelto l’ombra del regolamento al posto della luce del gioco. In un’epoca in cui la tecnologia colonizza i campi, i Var governano gli spogliatoi e le intelligenze artificiali regolano i fuorigioco, è ancora l’elemento più umano come l’invidia, il risentimento, il calcolo meschino, a determinare le sorti di una competizione. E lo fa nel modo più sterile: invocando una regola che non protegge, non migliora, non corregge. Solo punisce. Solo esclude. Ma la vera domanda è, chi è il vincitore in questa storia? Chi, scorrendo il regolamento come un codice penale in cerca di cavilli, si erge a giudice morale? Chi ha avuto il tempo e la volontà di “fare la spia” non per amore del gioco, ma per brama di vantaggio? Non è solo una squalifica: è la rinuncia a un’idea di sport che guarda avanti, che valorizza il merito sul campo, che celebra il gioco come linguaggio universale, non come campo minato giuridico. Siamo stati squalificati, ma non sconfitti. Nel futuro che sogniamo, nessuna postilla spegnerà la scintilla del calcio vero. E a chi ha preferito la via bassa della delazione, lasciamo l’amaro trofeo del sospetto e dell’incomprensione. Il nostro, di trofeo, è fatto di coerenza, sudore e passione>>.