Alberto Bresciani, da vent'anni in panchina tra Boca Sampa e nazionale barbuti

C’è chi fin da giocatore si sente già un “allenatore in campo” e prosegue inevitabilmente in panchina il proprio percorso calcistico, ma anche chi inizia quasi per caso per poi rendersi conto di trovarsi a proprio agio in quel ruolo. Alberto Bresciani, classe 1984, è da quasi vent’anni alla guida del Boca Sampa, formazione di San Pancrazio di Palazzolo che milita nel girone B di serie A Open. Una passione innata per il calcio e la voglia di trasmetterla ai suoi ragazzi.

 

Quando hai pensato di diventare allenatore?

“L’idea fu la conseguenza del non poter più giocare a causa di due infortuni gravi. Sono stato un anno lontano dai campi, soffrivo troppo senza calcio; poi mi hanno chiamato dall’oratorio perché una persona aveva bisogno di una mano al GSO San Pancrazio. L’anno dopo la squadra l’abbiamo rinominata Boca Sampa e così la mia passione si è riversata nell’allenare”.

 

Correva l’anno 2007. Da allora non ti sei più spostato.

“Siamo una squadra cresciuta man mano: il primo anno abbiamo chiuso il campionato con un solo punto, poi abbiamo reclutato giocatori tramite amicizie e oggi siamo in serie A nonostante il livello si sia alzato. La squadra è formata esclusivamente da gente del paese o zone limitrofe. Credo che alla base debba esserci sempre il gruppo e lo spirito di appartenenza al Boca”.

 

Quali sono i vostri obiettivi in prospettiva?

“Vogliamo continuare a migliorarci: un anno fa siamo arrivati secondi alle spalle della “schiacciasassi” San Giovanni Polaveno. Il nostro girone è tuttavia uno dei più equilibrati della provincia e quest’anno è arrivato qualche punto in meno. Le squadre si rubano punti a vicenda e non mancano mai le sorprese: puntiamo a risalire e scalare posizioni”.

 

Com’è cambiata la figura dell’allenatore in un campionato come il vostro, oggi di altissimo livello?

“Serve qualcosa in più, dobbiamo andare di pari in passo con quello che è lo sviluppo del torneo. La figura vecchio stampo da oratorio non basta, va applicata la stessa professionalità del calcio a 11. Occorre preparare un allenamento adeguato, tenendo conto di minutaggi e statistiche. Certo, non c’è alle spalle una società e uno staff e questo non aiuta, ma cerco sempre e comunque di trasmettere la mia passione insieme al mio collaboratore”.

 

Ti piacerebbe, quindi, provare ad allenare in una società a 11?

“Mi è già stato chiesto di entrare nel calcio a 11 ma sono talmente legato al Boca che non mi ci vedo lontano da qui. Mi piace dedicare la mia passione al mio paese e alla squadra che abbiamo creato”.

 

Qual è il ricordo più bello legato a questi anni al Boca Sampa?

“Ce ne sono tanti, ma mi piace citarne due. Il primo, un passaggio del turno in coppa ad Ome: stavamo perdendo 4-0 e passammo ai rigori. Il secondo, una salvezza conquistata all’ultimo turno a Nigoline: nonostante il peso del match rispettai anche in quell’occasione la regola interna di fare giocare chi si era allenato. Per un allenatore e per tutta la squadra è motivo di unione e soddisfazione”.

 

Chiudiamo con un’altra panchina su cui siedi…

“Sì, alleno la nazionale italiana barbuti! Abbiamo creato i Bearded Brixia: un gruppo di amici, tutti con la passione per la barba, che organizzano eventi di solidarietà. Da lì l’idea, con il frontman del gruppo Diego Bazoli (il Bazzo), della nazionale di calcio: in base alla disponibilità giochiamo a 7 o 11 ma il risultato è l’ultimo degli obiettivi. Vogliamo divertirci e fare del bene “mettendoci la barba”.

 

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