Pier Paolo Togni, di professione bomber: "voglio portare il Verolavecchia ai regionali"

Il calcio in ogni sua forma si presta a varie tattiche ed interpretazioni, ma i numeri sono l’unica cosa che mettono tutti d’accordo. 11 stagioni con la stessa maglia, un titolo provinciale (2018/19) e l’incredibile statistica di 638 reti complessive: lui è Pier Paolo Togni, classe 1986, implacabile bomber del GSO Verolavecchia che dopo aver sfiorato l’impresa la scorsa primavera anche quest’anno tenterà la scalata al vertice della Serie A Open CSI Brescia. Dategli un pallone, e lui farà gol.

 

Che cos’è per te il gol?

“Per un attaccante è la cosa più importante, ciò che dà fiducia. Quando non arriva, rischi di buttarti a terra, è in un certo senso cibo per noi. Fare gol è il nostro mestiere”.

 

Sfatiamo un mito: quando si sente un attaccante dire “non è importante chi fa gol…” è una frase di facciata?

“Beh, è normale dire così, ed è vero che conta di più la vittoria della squadra che tutto il resto. Ma al tempo stesso, se è l’attaccante che segna, allora è la chiusura del cerchio. A maggior ragione se la squadra gioca per te”.

 

Quante volte hai fatto centro con la maglia del Verolavecchia?

“C’è Cristian Uberti, il nostro presidente e direttore sportivo (nonché amico e persona fantastica) che tiene aggiornato il conteggio! Dalla stagione 2014/15 ad oggi sono 638”.

 

Avevi capito fin dagli inizi che il tuo ruolo in campo sarebbe stato questo?

“Come spesso capita, da bambino inizialmente ti provano in tanti ruoli ma poi si è visto subito che là davanti me la cavavo. Sia a 11 che a 7 la posizione è sempre stata quella”.

 

Ripercorriamo assieme le tappe della tua carriera calcistica.

“Ho fatto le giovanili con Voluntas Brescia, Quinzano e Uso Calcio, poi a Pontevico l’esordio in Promozione. Sono stato un bienno a San Zeno e un altro a Soresina (sempre in Promozione), infine quattro anni a Quinzano con la scalata dalla Terza alla Prima Categoria. A 27 anni mi sono preso un anno sabbatico e poi sono passato al CSI a Verolavecchia. E oggi sono ancora qui”.

 

Hai qualche rimpianto ripensando a questi anni?

“Forse uno: la seconda stagione a San Zeno era partita bene e stavo andando davvero forte ma si è interrotta bruscamente per un infortunio sul lavoro. Ho scoperto solo dopo che in quel momento mi stessero seguendo squadre di categoria superiore, quando sono rientrato ormai quel treno era passato. Invece con il Verolavecchia il rimpianto è legato alla semifinale provinciale persa nel 2019”.

 

E invece un gol che non dimenticherai mai?

“I ricordi sono tanti in effetti, però la prima partita che mi viene in mente è una doppietta in un turno infrasettimanale di Promozione. Vestivo la maglia del San Zeno e giocavo contro la Soresinese, dove sarei approdato un anno dopo. Eravamo sotto di un gol e la ribaltammo con una mia doppietta”.

 

Qual è stato il tuo idolo tra i bomber? E quale invece il giocatore che ti ha ispirato?

“Da milanista assolutamente Andriy Shevchenko: è stato il mio idolo, infatti da sempre indosso il numero 7. Invece come caratteristiche mi vedo un po’ un Inzaghi: magari non forte tecnicamente, ma uomo d’area che vede la porta”.

 

Ti trovi più a tuo agio come punta a 7 o a 11?

“Sembra più facile a 7 perché il campo è piccolo e non hai il fuorigioco, ma in effetti hai meno spazi e contro certe squadre fai fatica perché è un attimo che hai tre uomini addosso”.

 

La chiusura, ovviamente, è per questo tuo lungo legame con il Verolavecchia.

“Un grande ambiente con un’organizzazione societaria degna di una squadra professionista. Non ci hanno mai fatto mancare nulla, siamo stati messi nelle condizioni di dare il massimo, abbiamo sempre giocato per vincere il campionato ed in effetti siamo sempre arrivati nei primi posti. L’obiettivo è di confermarsi e migliorare. Un anno fa abbiamo vinto il campionato e siamo usciti ai quarti ai provinciali. Il gruppo già era forte, abbiamo fatto un paio di innesti di qualità, come da qualche anno a questa parte il sogno rimane quello di arrivare ai regionali. Non una pressione, ma uno stimolo”.

 

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